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Negli ultimi anni il tema del benessere psicologico in ambito lavorativo è passato da argomento marginale a priorità per molte organizzazioni. Non si tratta soltanto di una questione etica o sociale, ma anche di un tema strettamente connesso alla produttività e alla sostenibilità economica delle imprese.
Secondo un’analisi riportata da Il Sole 24 Ore, circa il 60% dei lavoratori europei dichiara di vivere livelli elevati di stress correlato al lavoro, con un impatto diretto su performance, engagement e tassi di assenteismo. Quattro dipendenti su dieci (42%) dichiarano che la propria azienda non mette a disposizione alcun benefit o iniziativa dedicata al benessere psicologico. Inoltre, sebbene oltre la metà degli intervistati (56%) affermi di sentirsi libera di condividere emozioni e difficoltà in ambito lavorativo, una parte significativa continua a trattenersi: il 32% teme di apparire fragile o poco professionale, mentre il 12% ammette di sentirsi costretto a “indossare una maschera”. La fascia d’età più esposta è quella dei 30-39enni: ben il 65% di loro ha valutato l’ipotesi di lasciare il lavoro a causa di stress e burnout, o ha già compiuto questa scelta.
Ansia, burnout e disagio psicologico non solo compromettono la salute delle persone, ma generano per le aziende costi significativi, spesso invisibili ma tangibili nei bilanci.
Il benessere psicologico non è soltanto un valore umano e sociale: rappresenta un vero e proprio moltiplicatore di performance. Le neuroscienze e la psicologia del lavoro mostrano come uno stato mentale positivo favorisca funzioni cognitive cruciali per la produttività: attenzione, memoria, creatività e capacità di problem solving.
Un dipendente motivato e sereno riesce a gestire meglio la complessità, ad adattarsi ai cambiamenti e a collaborare in modo più efficace. Al contrario, ansia cronica e stress non solo generano malessere individuale, ma riducono drasticamente la qualità delle decisioni e la capacità di lavorare in team.
Le aziende che investono nel benessere psicologico possono registrare un aumento nella produttività e una riduzione delle assenze per malattia. Anche l’engagement ne trae beneficio: i collaboratori che percepiscono attenzione al loro equilibrio psicologico sono più propensi a rimanere in azienda, riducendo costi legati a turnover e perdita di know-how.
Il legame è quindi circolare: persone più sane e soddisfatte generano risultati migliori, e risultati migliori alimentano motivazione e senso di appartenenza.
Trasformare il tema del benessere in un vantaggio competitivo richiede un approccio strategico, non iniziative isolate. Alcuni ambiti di intervento prioritari sono:
In sintesi, il passaggio cruciale è trasformare il benessere psicologico da “benefit” percepito come opzionale a risorsa strategica di lungo periodo, capace di incidere su produttività, reputazione e attrattività dell’azienda.
Come psicologi e psicologhe del lavoro, ci impegniamo a tradurre in azioni concrete i principi della promozione del benessere psicologico. Il nostro approccio integrato si articola su più livelli:
Il benessere psicologico non è più un “extra” o un tema accessorio, ma un pilastro per costruire organizzazioni sane, inclusive e competitive. Le imprese che lo eleggono a priorità strategica non solo tutelano le proprie persone, ma si assicurano un futuro più solido e sostenibile.
Autore: Matteo Costa
Fonte: ilsole24ore.com
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